Per carità, non ho niente contro Jane Fonda. Adoro i suoi cappottini in A piedi nudi nel parco, la trovo terribilmente erotica e pop in Barbarella e ho grande simpatia per la sua versione Hanoi Jane. Ma questa mattina, mentre zompavo da un plank a un uttanasana, mi è venuta in mente nella versione disco-music con pantacalze (so che si dice leggings, ma a quei tempi erano decisamente pantacalze) di lurex rosa shocking e palla di specchietti.

Precisamente, è successo quando la voce americana che mi costringeva a correre fra un Chatureeeengaee e un pleeeenk in tempi davvero poco indiani è diventato un unico irritante mélange e ho avuto la nettissima sensazione di stare facendo ginnastica. Niente di male nemmeno in questo. Se non fosse che io cercavo 20 minuti di pratica yoga per svegliarmi. Ok, ok, sono io che magari ho molte pretese, ma vi giuro che in genere su Yogaglo si trovano pratiche eccellenti anche per 10 minuti.

Non questa volta. Stamattina la Jane Fonda che è in me, che è stata in me a lungo (ne parlavo l’altra mattina correndo sotto i portici con un’amica: «Ce l’ho avuta la versione Jane Fonda-spacco tutto. Non c’è niente di male a volere ogni tanto fare yoga no limits. Ma non è più il momento per me». Lei annuiva convinta, spero non solo per gentilezza), mi ha definitivamente abbandonato. E sul tappetino ho provato fastidio per quella serie di asana dettate frettolosamente come istruzioni per bruciare più calorie possibile.

Sarà per il lungo periodo di forzata pausa che mi ha visto ridefinire il mio concetto di limiti, sarà perché sto amando sempre più lo yoga gentile e intelligente che ti lascia approfondire e abitare la posizione senza forzare, sarà che ho la fortuna di avere i sensi molto accesi e quindi so bene quando la pratica la sento, e quando no, ma davvero non si può confondere lo yoga con yogercize, yogaerobics e yogafitness. Si perdono troppe cose belle. E quei venti minuti di Yoga con Jane Fonda saranno anche bruciacalorie, ma per me questa mattina sono stati 20 minuti sprecati.