La prima volta che ho sentito parlare dello Yoga Festival nemmeno praticavo, ma abitavo a Milano, a due passi dalla storica sede al Superstudio, e ricordo di averne scritto con curiosità e guardato ammirata quella piccola folla determinata di uomini e donne che, tappetino arrotolato sotto il braccio, oltrepassava il ponte di Via Tortona e si dirigeva verso qualche masterclass.
Da allora l’ho visitato più o meno regolarmente, e quest’anno mi piange un po’ il cuore a non fare il mio report limitandomi a segnalare gli eventi principali a distanza. Ma lui, il festival, continua a crescere e anche quest’anno l’edizione milanese – il cui tema è riassunto in una parola affascinante e inequivocabile: Rispetto – si conferma la più ghiotta e densa di appuntamenti.
Mi spiace particolarmente perdermi di nuovo quello con Stewart Gilchrist e il suo Krama Vinyasa, un flow decisamente intenso che l’anno scorso ha lasciato ansimanti ma felici anche un paio di allenatissime compagne di anusara. Famoso per il suo metodo molto “hands on” e per lo status di pop star (merito/colpa anche di allieve famose come Pippa Middleton), questo magrissimo, nodoso yogi londinese dai dreadlock grigi si è formato in scuole impegnative come jivamukti e ashtanga prima di elaborare il suo “signature style”.
Poi ci sono l’altrettanto pittoresco David Sye, tatuato, energico e socialmente attivo (la sua Yoga Beats Charity porta yoga e aiuti in Palestina da oltre 10 anni) e la “terapeutica” Jo Forbes, che lunedì, a Festival ormai chiuso, terrà anche una masterclass principalmente per insegnanti. Il suo metodo cerca di fondere lo yoga con elementi di neuroscienze, psicologia e studi sul movimento.
Dall’Italia, una certezza del panorama milanese e dello stesso Yoga Festival è Benedetta Spada, che tra le varie proposte condurrà una pratica di yoga di coppia assieme al marito Marc Vincent, e Sara Bigatti, con cui ho avuto il piacere di praticare qualche estate fa nel corso di una festa con gli insegnanti di Yogare. Titolare di La scimmia yoga (sito, videolezioni e libro), questa fanciulla ha tutta la mia invidia: vive in Messico e da lì, uccellini in sottofondo e il verde che occhieggia al di là della shala, registra le sue videoclassi. Chapeau.
I nomi sono tantissimi ovviamente, non starò qui a elencarli tutti (ma ecco il programma). C’è di buono che anche se mi perdo le super lezioni di Piero Vivarelli posso consolarmi: Piero è il mio maestro tutta la settimana, tutto l’anno, nella mia città. Direi che non posso proprio lamentarmi.