il post delirante che ho sempre sognato di scrivere
Aprite un libro a caso sul buddismo e quale concetto chiave troverete? L’impermanenza. Magari collegata al non attaccamento, che poi vuol dire la stessa cosa: che ti attacchi a fare a una cosa (materica, eterea, emozionale) visto che non è destinata a durare? Quindi, appunto, l’impermanenza.
E per me, che sono donna di mondo e pure un poco frivola, talvolta, cosa rappresenta meglio il concetto di impermanenza? Forse l’alba sul mare? O il ciclo della vita? Oppure il nostro corpo che cambia (nella forma e nel colore, come diceva un non troppo raffinato cantante nostrano)? No. Lo smalto. Sì, lo smalto sulle unghie.
Amiche, non capita anche a voi, appena messo lo smalto, di guardarvi le unghie compiaciute della loro perfezione, sentendovi ben rifinite e “d’ora in poi saranno sempre a posto?”. La verità è che sono a posto solo per poco, per la breve durata dello smalto. E basta un piatto lavato, una chiave presa frugando nella borsa, o l’inesorabile scorrere del tempo, a rovinare l’uniforme perfezione di quel magenta, la rassicurante uniformità di quel viola prugna, il levigato scorrere di quel bianco lattiginoso. Ecco una crepa, poi un’altra, poi una mano nuovamente imperfetta e da rifare. Niente dura. Figurarsi uno smalto.
E ora che mi sono appena tolta i residui di quel vivo rosso ciliegia che nel giro di 5 giorni mi ha portato dallo status di impeccabile femme fatale dalla mano che disegna meraviglie nell’aria a quello di sciattona che è meglio infili le mani nelle tasche, e in fretta, rifletto sull’ultima settimana e sugli ultimi tempi.
Pienezza, energia, amore assoluto, sicurezza, stabilità, euforia. Poi stanchezza, stress, ansia, sfiducia, insicurezza, senso di precarietà. Materna, accudente, piena di doni e attenzioni da dare. Bisognosa, svuotata, disperatamente in cerca di rassicurazione. Frustrata, irritata, satura, stizzita. Amorevole, rassicurante, paziente. Sconfortata, delusa, confusa. Gioia, sorpresa, complicità, serenità. Solitudine, tensione, fiacca. Speranza. Paura.
Sono solo alcune delle sensazioni provate negli ultimi mesi, particolari per me, di certo, per ragioni emotive con cui non vi tedierò, ma che abbracciano un certo spettro dell’umano sentire in cui non credo certo di essere la sola a specchiarmi. Ma soprattutto che hanno in comune tra loro, e con lo smalto sulle unghie, una caratteristica peculiare: ogni volta che le ho provate, anche se solo per un secondo, ho immaginato che da allora le avrei provate per sempre. Poi è passato, e poco prima di quel poi mi sono detta – per rassicurarmi quando erano emozioni negative, sottovoce e con un po’ di dispiacere quando erano positive – che invece erano destinate a scivolare via, nell’impermanenza.
Ma no, a chi la racconto? Ogni volta che rimiro le mie unghie smaltate di fresco mi illudo che da quel momento in avanti sarò sempre impeccabile. E ogni volta che provo una sensazione mi ci immergo fino al collo e oltre, fin oltre la testa. Ci sguazzo e mi ci immergo, ci nuoto e mi ci lascio inzuppare. Alla faccia dell’impermanenza. Che tuttavia, alla fine, mi riporta sempre in superficie. E mi ricorda che è il momento di dare un’altra passata di smalto. Ma anche di accettare e amare le unghie non smaltate, ma soprattutto, opera titanica ma essenziale, quelle con lo smalto rovinato, sbrecciato, ostentatamente imperfetto e spavaldamente impermanente.
2 pensieri su “Impermanenza e smalto sulle unghie”