Credo che sia la cosa che mi piace di più. In genere la mia pratica è pre-serale, così quando torno a casa ho davanti a me solo doccia, cena e poi lasciarmi assorbire per un paio d’ore in quello stato di lentezza che è un po’ il mio vero savasana. Succede sempre quando pratico intensamente in settimane di lavoro e ritmi frenetici. Ed è successo anche stasera, dopo la prima pratica post-vacanze di Natale, che nel mio caso hanno coinciso con oltre due settimane di pigrizia compiaciuta, mangiate irrispettose del mio guardaroba e un po’, un bel po’ di riluttanza ad andare a praticare.
Mi ci sono praticamente portata di peso, alla lezione, lasciando che il mio bravo super io desse gli ordini a quella bambina interiore che avrebbe preferito rimanere sul divano. E ho/ha fatto bene (come sempre, in questi casi): adesso sono su quel divano, ma lo sto assaporando veramente. I muscoli delle cosce mi ringraziano per il buon lavoro, i glutei cercano un cuscino un po’ più clemente dopo che si sono dati da fare e il respiro, delizia, è rallentato. Tutto quanto è rallentato: i pensieri, i movimenti, le iniziative. Ma è l’esatto contrario dell’accidia post-nataliza e della pigrizia. È il resettarsi di un ritmo naturale dopo avere lavorato, sudato, stirato, tirato, flesso, poggiato, toccato, ascoltato, resistito, allungato, allentato. E respirato. È quel momento in cui, semplicemente, tutto si riarmonizza. E ti ricordi che yoga, semplicemente, è come respirare. Namaste.